Riflessioni

"Nessun problema può resistere all’assalto di una riflessione approfondita." (Voltaire)

La filosofia degli Idealisti Tedeschi e la Meccanica Quantistica

" L'albero che è nel mio giardino esiste solo quando io lo guardo! " - Niels Bohr (premio Nobel per la fisica nel 1922).

E' raro, ma a volte notiamo coincidenze che ci colpiscono al punto da farci mutare completamente punto di vista. A me è successo qualche anno fa quando ho tardivamente scoperto il piacere di una materia che a scuola non amavo, la filosofia.

Leggere che la filosofia degli idealisti tedeschi ha di fatto anticipato di oltre un secolo alcune evidenze della meccanica quantistica ha avuto per me un impatto rilevante. Da un lato oggi si tende a rifiutare, o nella migliore delle ipotesi ad ignorare, quella che sarebbe la più ovvia interpretazione dei fenomeni quantistici, poichè metterebbe in crisi la visone materialistica delle scienze contemporanee, dall'altro si scopre che qualcuno addirittura l'anticipava.

 La corrente filosofica degli idealisti ha avuto inizio alla fine del Settecento ad opera di Johann Gottlieb Fichte (1762-1814); successivamente si collocano nell'ambito di questo movimento Friedrich Schelling (1775-1854) ed infine colui che ne è considerato il più significativo rappresentante, Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831). L'idealismo nasce quando Fichte, inizialmente kantiano, sostiene l'incompatibilità del noumeno all'interno del criticismo kantiano. Il noumeno per Kant è sostanzialmente la cosa in sé, che, pur inconoscibile nella sua reale natura, comunque esiste, per Kant, a prescindere dal modo in cui ci appare. Fichte ritiene dogmatica questa visione e giunge a proporre un modello in cui soggetto ed oggetto costituiscono un'unica realtà. Del resto, nell'atto della percezione, l'unica realtà certa non è l'esistenza come cosa in sé dell'oggetto che vi ha dato origine, ma soltanto la percezione che ho (fenomeno).

In questo scenario è quindi l'Io stesso che crea la realtà. Egli peraltro parla di Io Individuale e di Io Assoluto. Mentre il Non Io è una realtà posta proprio dall'Io. Non è però il caso di entrare nei dettagli degli aspetti metafisici delle teorie idealistiche, anche perché non ne avrei le competenze. Fermiamoci a questo primo, ma essenziale aspetto, e notiamo pure che la teoria si pone ad un estremo opposto rispetto ad una concezione materialistica e realista, negando pure il determinismo, e giunge a sostenere l'inesistenza di una realtà materiale oggettiva slegata dall'esperienza del pensiero. Le correnti filosofiche che seguiranno tenderanno prevalentemente ad opporsi a questo tipo di approccio. In effetti si aprì nell'Ottocento una fase di rimonta del pensiero deterministico e materialistico che permeò tutto il secolo e che tuttora influenza cultura e scienza.

Eppure la fisica del XX secolo ha prodotto delle teorie che, in controtendenza rispetto a tutte le altre discipline scientifiche, sembrano negare le fondamenta del realismo e confermare quelle dell'idealismo. La meccanica quantistica approda a conclusioni talmente contrarie al senso comune, da apparire assurde; ciò ne ha rallentato la diffusione della portata filosofica ed ha a lungo impegnato gli stessi scienziati, primo tra tutti Albert Einstein, in una vana ricerca di interpretazioni differenti, più accettabili dal senso comune e soprattutto in grado di salvare l'oggettività della realtà. Eppure la teoria quantistica è stata sottoposta a tantissime verifiche sperimentali, per giunta spesso condotte, probabilmente, con pregiudizi negativi. Lo stesso Einstein aveva predetto una serie di paradossi sperimentali conseguenti alla meccanica quantistica; mentre egli li evidenziava all'epoca come prove dell'incompletezza della teoria, sono invece poi stati realmente osservati in sede sperimentale in tutta la loro realtà contro-intuitiva.

Uno dei padri della meccanica quantistica, Niels Bohr (1885-1962) premio Nobel per la fisica nel 1922, disse: "Chiunque non sia scioccato dalla teoria quantistica, non l'ha capita" ed io soltanto pochi anni fa scoprii di essere tra questi. Infatti quando studiavo all'università avevo appreso la teoria dei quanti come strumento propedeutico alla comprensione del funzionamento dei componenti elettronici, ma non ne avevo allora afferrato i significati più profondi. Ricordo anche che quando uno studente più intuitivo (o più informato) di me pose al professore una domanda in merito, ne ebbe una risposta piuttosto evasiva: "questa è una teoria che si applica solo alle particelle, non alla realtà macroscopica". Eppure l'universo intero è costituito da queste particelle. E quindi, sebbene la risposta del mio professore non sia poi così rara, soprattutto tra coloro che vogliono evitare di sconfinare nel campo metafisico, va osservato che non è un argomento sufficiente ad ignorare la questione.

Ma cosa ha stabilito di tanto assurdo la meccanica quantistica? Ad esempio che in assenza di osservatori le particelle si comportano come onde, e che solo in caso di osservazione assumono una forma corpuscolare. Finché nessuno le osserva, l'onda contiene tutte le "possibilità" e solo l'atto dell'osservazione ne concretizza una. Per maggiore chiarezza cerco (avvertendovi che non sono un esperto) di illustrare un semplice esperimento che evidenzia tale dualismo onda-particella. Come premessa vi invito a considerare come si comportano le onde rispetto alle singole particelle materiali. Pensiamo ad esempio ad un porto con una imboccatura molto stretta; fuori il mare è mosso e l'onda che attraversa la stretta imboccatura si propaga all'interno della rada del porto. Se poi le imboccature fossero due, si creerebbe anche il tipico fenomeno di "interferenza" delle due onde, con le creste che in alcuni punti si sommano e in altri si annullano, ed inoltre osserveremmo che l'onda all'interno della rada del porto si propaga in tutta la larghezza della rada, non soltanto verticalmente rispetto alle imboccature. Tutto ciò è tipico delle onde.

Prendiamo ora in esame una lastra metallica con due fessure verticali, poniamola davanti ad una lavagna e ad una certa distanza da essa. Ponendoci di fronte alla piastra immaginiamo questa volta di sparare una raffica di pezzetti di gesso su tutta la piastra. Notiamo che quelli che attraversano le fessure "sporcano" la lavagna ricreando, grosso modo, la forma delle due fessure, mentre il resto della lavagna resta pulito. Anche questo è ovvio, perché i pezzetti di gesso sono corpi materiali; un'onda invece, pur attraversando la piastra solo in corrispondenza delle due fenditure, avrebbe poi interessato la lavagna per tutta la sua larghezza, creando inoltre righe in interferenza (punti di maggiore intensità).

Detto questo, riproduciamo l'esperimento ora al livello delle particelle. Al posto del gesso utilizziamo degli elettroni ed al posto della lavagna uno schermo. Vedremo subito sullo schermo crearsi delle righe di interferenza. Ma come - ci chiediamo - gli elettroni non sono particelle ? Perché si comportano come onda? Facciamo un cambiamento nell'esperimento, spariamo gli elettroni uno alla volta; in questo modo ci aspettiamo che ciascuno di quelli che attraversa una delle fessure, dovrà necessariamente passare o dalla fessura di sinistra oppure da quella di destra e dovremmo quindi attenderci sullo schermo solo i due rettangoli corrispondenti alle fessure.

Risultato? Ancora una volta gli elettroni si distribuiscono su tutta la larghezza dello schermo e creano righe di interferenza. Incredibile ! Dobbiamo svelare questo mistero ! Mettiamo all'uscita delle fenditure un apposito rilevatore e vediamo se davvero l'elettrone passa attraverso entrambe: potremo davvero dedurne che l'elettrone è un'onda e non una particella. Risultato ? Ancora più incredibile! Ora il rilevatore ci dice, ogni volta, da quale fessura è passato ciascun elettrone e sullo schermo vediamo, questa volta, formarsi soltanto i due rettangoli verticali.

Conclusione: in conseguenza del fatto di averlo osservato, l'elettrone, in corrispondenza delle fenditure, ha cessato di comportarsi come onda ed ha assunto le caratteristiche di una particella materiale. Altri esperimenti solo poco più complessi hanno escluso qualsiasi altra causa ipotizzabile (come il disturbo introdotto dallo strumento di misurazione) ed avvalorato la cosiddetta "interpretazione di Copenaghen", per la quale, almeno nella sua prima formulazione (una seconda versione lasciò sospeso il giudizio filosofico), ciò che causa il "materializzarsi" dell'elettrone è l'osservazione cosciente di chi conduce l'esperimento.

In sostanza lo scienziato che conduce l'esperimento non è un testimone esterno di un sistema materia indipendente (cosa in sé), ma è esso stesso, ovvero il suo pensiero, parte integrante del "sistema" misurato.

"L'albero che è nel mio giardino esiste solo quando io lo guardo!"; è una frase che, provocatoriamente, Niels Bohr era solito ripetere. Si può obiettare che un albero non è paragonabile ad un singolo elettrone; è vero, ma si può anche osservare che un singolo osservatore rappresenta solo uno degli Io individuali e quindi il parallelo resta, secondo me, coerente. Inoltre, di fronte all'obiezione che la coscienza di un osservatore determina l'emergere di una particella subatomica (più propriamente bisognerebbe dire il collasso di una funzione d'onda), ma non può certo influenzare la realtà macroscopica, ad esempio non può far apparire un albero dove prima non c'era, farei notare che tali particelle costituiscono i componenti elementari di tutta la materia che è presente nell'universo.

Volendo potremmo ampliare il discorso. I filosofi idealisti hanno proposto diversi sistemi filosofici, tutti accomunati dalla centralità del pensiero. Altri principi della meccanica quantistica, come ad esempio il fenomeno dell'entanglement, sono in grado di stupirci molto più di qualsiasi libro di fantascienza. Inoltre, anche se credo giusto limitarci alla meccanica quantistica, in quanto teoria sperimentalmente verificata (ed anche applicata, basti pensare che quasi tutta l'elettronica che usiamo oggi, quella basata sui semiconduttori, ne è una applicazione), non vanno dimenticate le successive teorie della fisica, non ancora verificabili sperimentalmente eppure molto promettenti, che ne includono ed estendono le conclusioni.

Peraltro so bene che coloro che sposano una opposta concezione filosofica, avranno pronti argomenti da opporre a sostegno delle loro tesi. Esistono altri tentativi di interpretazione della meccanica quantistica, e chi di voi fosse interessato troverà materiale per approfondire. Lo dico per evitare di scatenare con una parte degli eventuali lettori una guerra di religione! Lungi da me, anzi amo discorrere di questi argomenti proprio con chi ha oggi la mia vecchia opinione. L'importante è farlo con apertura mentale, restando disponibili a rielaborare sempre le proprie convinzioni; se l'argomento è la ricerca di una verità, la coerenza non è un valore.

In me la prima interpretazione di Copenaghen risuona come vera e convincente, al punto che qualche anno fa ne fui talmente entusiasta da diventare per qualche mese addirittura monotematico nelle letture e nei discorsi. E presi pure a scriverne, perché quando trovi qualcosa che ti entusiasma al punto da influenzare profondamente il tuo modo di pensare, nasce la voglia di comunicarlo agli altri. Questo articolo peraltro è in parte una ripresa (a onor del vero fatta anche al fine di rimpinguare questo mio neonato blog) di pensieri che pubblicavo all'epoca.

Quello che mi stupisce invece è il fatto che oggi si ignori un argomento di portata così ampia. Nella scuola se ne parla poco (fisica e filosofia sono discipline che non entrano mai in contatto). Nel dibattito filosofico, per quanto io ne sia certamente solo uno spettatore non addetto ai lavori, prevale una discussione tra il monismo materialista e il dualismo di stampo cartesiano. Invece il monismo idealista è, a me pare, relegato a puro esercizio intellettuale, e questo alla luce della meccanica quantistica non credo sia più opportuno.

Molti si chiedono se materia e pensiero sono due realtà distinte oppure se il pensiero nasce dalla materia. Per me oggi è vera la terza possibilità: è la materia che nasce dal pensiero. Naturalmente quanto raccontato in questo articolo non è una riflessione che, da sola, mi ha fatto cambiare visione. Diciamo che è stata piuttosto l'avvio di un diverso processo di pensiero che, alla fine, è risultato, per me, molto più convincente del precedente; anche perché ho sorprendentemente trovato nel monismo idealista un minor numero di obiezioni insormontabili. A me pare che, alla luce della meccanica quantistica e dell'idealismo, il velo di Maya sia un po' più sottile. Ma questo sarebbe un altro discorso, sicuramente meno interessante da raccontare in quanto basato solo su miei pensieri.

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