Scuola

"Acquista cosa nella tua gioventù che ristori il danno della tua vecchiezza. E se tu intendi la vecchiezza aver per suo cibo la sapienza, adoprati in tal modo in gioventù, che a tal vecchiezza non manchi il nutrimento." (Leonardo da Vinci)

Due ragioni per studiare informatica

Insegno informatica nel Liceo scientifico scienze applicate e tengo corsi di robotica nel Liceo scientifico tradizionale. Mi hanno chiesto di presentare queste attività ai genitori che, per scegliere in modo consapevole l’indirizzo cui iscrivere i propri figli, interverranno agli open day. Mi trovo quindi a riflettere su come rispondere essenzialmente a questa domanda: perché studiare informatica (o robotica, che non è molto diverso) al liceo ?

Per due motivi che vi dirò, non prima però di aver sgombrato il campo da un equivoco troppo comune: studiare informatica non significa imparare ad usare il computer, o almeno non è questo l’obiettivo principale. Studiare informatica non è “sapere cosa fa un computer”, ma è piuttosto saper fare in modo che il computer faccia ciò che io ho bisogno che faccia.

Ciò chiarito, la prima, e più importante, ragione per cui studiare informatica è che, imparando a programmare, si apprende anche un metodo per affrontare e risolvere i problemi in qualsiasi ambito. Per riconoscerli, definirli, ignorare il superfluo, scomporli in sotto-problemi e risolverli un passo alla volta e nel modo più efficiente.

La seconda ragione è che i nostri ragazzi, i cosiddetti “nativi digitali”, diversamente da ciò che erroneamente ritiene la mia generazione, non conoscono affatto la tecnologia. Sì, certo, hanno imparato a usare velocemente e intensivamente questi strumenti, ma provate a chiedere a dei ragazzi come funziona internamente un PC o uno smartphone: tolte le debite eccezioni non sapranno rispondervi.

Mi viene in mente il film “Non ci resta che piangere”, dove Benigni e Troisi si ritrovano improvvisamente catapultati nel Quindicesimo secolo e si illudono di poter utilizzare proficuamente le conoscenze tecnologiche del Ventesimo secolo. Invece si scontrano puntualmente con la propria insospettata ignoranza; ad esempio, quando propongono a Leonardo da Vinci il progetto di un treno, riescono solo a dirgli che occorre far bruciare della legna nella locomotiva; al che Leonardo, giustamente, domanda loro: “e perché allora il caminetto non si muove?”.

Per padroneggiare la tecnologia, occorre conoscerla in profondità. Grazie alla tecnologia oggi disponiamo di tante informazioni, ma, per assurdo proprio per questo, ci stiamo disabituando alla riflessione e stiamo persino smarrendo la capacità di distinguere il falso dal vero e addirittura dal verosimile. Come ho meglio cercato di argomentare nel mio piccolo libro “Io docente alieno”, scritto d’impulso durante il mio primo anno da insegnante, i ragazzi di oggi sono bombardati da un'eccessiva quantità di informazioni, ricevono troppi input, e hanno meno tempo per pensare in modo creativo.

Penso che siamo su un crinale. Ci troviamo in una fase nella quale o impariamo a mettere la tecnologia davvero al nostro servizio oppure la tecnologia ci renderà sempre più passivi. Il problema non è quanto intelligenti diventeranno le macchine, ma se l’evoluzione delle macchine incrementerà oppure ridurrà la nostra intelligenza.

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